Il Re Decebalo

Dacia – anno 106 d.C. La guerra tra Daci e Romani stava volgendo alla fine. I Daci, guidati dal re Decebalo, opponevano un’eroica resistenza. L’imperatore di Roma, Traiano aveva mobilitato l’intero esercito dell’impero per garantirsi la vittoria.  Voleva impossessarsi dell’oro della Dacia, ed eliminare soprattutto la minaccia rappresentata dai Daci e dai loro alleati al confine orientale.

L’ultima fortificazione dei Daci, la cittadella nei Monti Orastiei, cadde nelle mani del nemico. Nonostante l’accanita resistenza, Sarmisegetusa venne assediata e conquistata. Alcuni suoi difensori, tra cui anche Decebalo, riuscirono a lasciare la roccaforte e decisero di continuare la resistenza contro i Romani all’interno del paese. Inseguito dalla cavalleria romana, Decebalo si suicidò, preferendo morire piuttosto che essere catturato vivo dai nemici. Il suo nome rimase nella storia ed entrò nella leggenda!

Cassio Dione – uno degli storici più famosi dell’antichità – descrisse Decebalo come molto abile nei piani di guerra, ed esperto nella loro realizzazione, sapeva scegliere il momento giusto per attaccare il nemico, e ritirarsi in tempo. Ingegnoso nel tendere trappole, era un buon guerriero e sapeva trarre profitto dalla vittoria, ma anche uscire a testa alta dalla sconfitta. Per questo motivo è stato un nemico molto temuto dai Romani.

La caparbietà del re daco fu evocata anche da Plinio il Giovane nelle sue epistole indirizzate all’imperatore Traiano in cui faceva riferimento alla sorte di Decebalo allontanato dalla sua residenza, cacciato via mentre era in vita, non perse mai la speranza (da Epistolae, VIII, 4, 2 di Plinio il Giovane a Traiano).

Cassio Dione – uno degli storici più famosi dell’antichità – descrisse Decebalo come molto abile nei piani di guerra, ed esperto nella loro realizzazione, sapeva scegliere il momento giusto per attaccare il nemico, e ritirarsi in tempo. Ingegnoso nel tendere trappole, era un buon guerriero e sapeva trarre profitto dalla vittoria, ma anche uscire a testa alta dalla sconfitta. Per questo motivo è stato un nemico molto temuto dai Romani.

La caparbietà del re daco fu evocata anche da Plinio il Giovane nelle sue epistole indirizzate all’imperatore Traiano in cui faceva riferimento alla sorte di Decebalo allontanato dalla sua residenza, cacciato via mentre era in vita, non perse mai la speranza (da Epistolae, VIII, 4, 2 di Plinio il Giovane a Traiano).

Decebalo fu l’ultimo grande re dei daci. Le fonti antiche lo presentano come un nemico temuto di Roma, ma anche come un guerriero audace. Il fatto che sia stato un guerriero coraggioso e un nemico temuto è dimostrato tanto dalla guerra contro Domiziano, che aveva vinto, quanto dalle due guerre contro i romani negli anni 101-102 e 105-106 d.C. Nell’ultima guerra, Decebalo fu vinto definitivamente, e come ci racconta Cassio Dione “Quando Decebalo vide che il suo trono e l’intero paese erano nelle mani del nemico, e che lui stesso era in pericolo di essere catturato come prigioniero, si tolse la vita. La sua testa fu portata a Roma”.